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Messaggio dell’arcivescovo di Crotone Angelo Panzetta per la Quaresima 2022

Carissimi fratelli e sorelle,
questa lettera si discosta significativamente dalle altre che ho già inviato alla nostra chiesa
locale in occasione dell’inizio del cammino quaresimale, perché quest’anno non intendo
proporre un’attenzione specifica a qualche aspetto importante di questo tempo liturgico che
ci apprestiamo a vivere. Desidero piuttosto proporre a tutti di vivere una quaresima segnata
dall’impegno a essere protagonisti del percorso sinodale.
Ho deciso, dunque, di scrivere per esortare tutti a immergersi pienamente nel percorso
sinodale che avrà un passaggio importante con il sinodo dei Vescovi del 2023 ma continuerà
nelle chiese d’Italia sino al 2025, con il proposito di far maturare l’affermarsi progressivo di
uno stile sinodale che si spera possa segnare lo stile ecclesiale del presente e del futuro.
Sono sicuro che il nostro popolo abbia il necessario senso della fede e il discernimento per
offrire un contributo effettivo nel cammino che siamo chiamati a fare insieme per rispondere
ai desideri di Dio sulla Chiesa nella storia di oggi. Il sinodo e, più ampiamente tutto
l’itinerario sinodale, dovrà toccare tutti gli ambiti della vita della Chiesa, ma dovrà
soprattutto confrontarsi con una domanda che chiama in causa la comunità cristiana nel suo
presente e nel suo futuro. Essa è stata così formulata:
«una Chiesa sinodale, nell’annunciare il Vangelo, “cammina insieme”. Come sta
avvenendo questo “ camminare insieme” oggi nella vostra Chiesa locale? Quali passi lo
Spirito ci invita a fare per crescere nel nostro “camminare insieme”? ».
Il focus del percorso sinodale, come risulta dal testo dell’interrogativo, è la Chiesa
considerata nella prospettiva della sinodalità. Appena si legge il testo, ci si sente interrogati
perché si comprende quanta strada occorre percorrere per costruire una comunità cristiana
che cammini insieme più efficacemente a tutti i livelli. Il fine ultimo del percorso non è,
dunque, quello di fare un’altra Chiesa ma una Chiesa diversa, ossia più sinodale e più
protesa nell’annuncio del Vangelo.
Tutti avvertiamo l’esigenza di un rinnovamento ecclesiale che generi comunità cristiane più
coese e più aperte alla novità che Dio vuole suggerire; ognuno di noi sente chiaramente la
spinta dello Spirito verso una trasformazione missionaria della Chiesa che per natura sua è
una comunità evangelizzatrice. Per questo, davanti all’itinerario sinodale, nessuno si può
tirare indietro per paura, per disillusione o, addirittura, per disinteresse perché tutto il popolo
di Dio dovrà fare la sua parte per collaborare con la grazia dello Spirito che ci spinge a
cambiare in profondità.
1) Lo sguardo alla storia
Per rispondere all’interrogativo fondamentale, che il sinodo pone a tutti, occorrerà non
trascurare di leggere la storia di oggi e soprattutto le vicende ultime legate al dilagare della
pandemia che ha dato una spallata decisiva, fatta di paura e di novità, al cammino degli
uomini e delle donne del nostro tempo. Quindi il discernimento sinodale, sotteso
dall’interrogativo fondamentale che tocca profondamente il vissuto ecclesiale, non può
essere realizzato astrattamente ma deve essere condotto a partire dal contesto storico nel
quale tutti siamo posti oggi. Infatti, la ricerca della volontà di Dio, quando è vera e seria,
non può essere disincarnata ma deve partire dalla vita perché essa non può non farsi carico
delle gioie e dei dolori di questo tempo verso i quali i credenti devono avere compassione,
vicinanza e tenerezza.
Per tali motivi, io sono convinto che una corretta ermeneutica dell’interrogativo sinodale
richieda previamente una lettura critica e credente del tempo presente con un’attenzione
specifica agli ultimi anni segnati dalla crisi sanitaria.
La lettura del presente
L’impegno a leggere e a interpretare il tempo nel quale siamo posti, che è un nostro dovere
come essere umani e come cristiani, si impone ad ogni istituzione che intende capire il suo
presente e immaginare il suo futuro. Anche la comunità cristiana non può comprendere se
stessa e la sua missione senza prendere sul serio il contesto umano, il vissuto e la cultura del
territorio nella quale è collocata. Una tale esigenza è diventata oggi molto più pressante per
il fatto che gli scenari esistenziali cambiano profondamente e rapidamente con modalità
inedite modificando gli stili di vita e quindi anche la postura personale di fronte ai
significati, a Dio, alla Chiesa. Se viviamo senza leggere gli eventi e il loro significato,
possiamo cadere facilmente in un atteggiamento ingenuo nel quale si rinuncia ad esercitare
la preziosa funzione critica propria della ragione e della fede.
Non è questo il contesto per operare una lettura approfondita di quelle trasformazioni che
hanno cambiato la mentalità e il vissuto degli uomini contemporanei, tuttavia è sotto gli
occhi di tutti che le diverse trasformazioni economiche, sociali, politiche, culturali e morali
hanno cambiato profondamente il modo di stare al mondo dei singoli e delle comunità nella
nostra società postmoderna. Anche coloro che, come noi, non possiedono raffinati strumenti
di indagine sociale, sono capaci di comprendere che i primi decenni del nuovo millennio
sono presentati come una stagione segnata da luci ed ombre. La crisi economica ha messo in
difficoltà la vita di molte persone e famiglie. L’ambiente umano è segnato da una positiva
ricerca di senso, di giustizia e di pace, anche di fronte al permanere di segnali negativi:
situazioni di ingiustizia, di timore per il domani e di individualismo.
Il nostro mondo, grazie alle possibilità messe a disposizione dalla comunicazione digitale, è
antropologicamente segnato dal confronto tra diversi modelli culturali e tradizioni religiose.
Ci troviamo di fronte a cambiamenti globali, all’interno dei quali ci sono almeno tre
fenomeni che dovrebbero richiamare l’attenzione di ogni comunità educante:
1) la crisi dell’umano, che nasce dalla difficoltà di dare ragione della grandezza e
dell’inviolabiltà dell’uomo di fronte alla sfida del transumanesimo;
2) l’esperienza religiosa “fai da te”, che è evidente nel desiderio di costruirsi in proprio un
percorso religioso magari alleggerito dall’appartenenza comunitaria e da molte indicazioni
morali;
3) l’interconnessione digitale, che è ormai un fatto sempre più pervasivo che dilata le
possibilità della libertà e quindi anche della responsabilità.
È immediatamente evidente che questa rapida lettura non ha la pretesa di fotografare
completamente quanto accade fuori di noi, accanto a noi e dentro di noi, tuttavia si colgono
alcune direttrici di fondo che evidenziano aspetti di una situazione nella quale s’intrecciano
elementi positivi e negativi.
Il novum della pandemia
Il discernimento sinodale, per non trascurare il contesto storico nel quale è collocato, dovrà
certamente tener conto in modo adeguato anche del novum suscitato dalla vicenda del
Covid-19. Questa vicenda, per molti aspetti ancora in corso, è suscettibile di tante letture ma
non vi è dubbio che negli ultimi mesi l’umanità, e quindi gli stessi credenti di tutto il
mondo, è stata messa di fronte ad una situazione nuova e inedita che ci costringe a riflettere,
a mutare modo di pensare, e ad assumere atteggiamenti nuovi per una presenza ecclesiale
significativa nel mondo che per tanti motivi risulta sconvolto. Quando, speriamo presto,
questa emergenza sarà stata superata nei suoi aspetti sanitari, saremo in condizione di
capirne più ampiamente gli aspetti antropologici che sono stati chiamati in causa: capiremo
che in questi mesi abbiamo vissuto eventi che hanno demolito molte certezze che l’umanità
aveva accumulato nel corso degli ultimi secoli e che preparano un nuovo inizio in cui molto
sarà messo in discussione.
In una situazione di grande emergenza, le nostre comunità hanno provato a rimanere vive
con la carità verso chi era nel bisogno e con gli strumenti che i nuovi media mettono a
disposizione. Ora, però, ci aspetta un’azione educativa molto più esigente perché votata ad
aiutare la nostra gente a vivere con maturità questo passaggio epocale nel quale siamo
collocati, a recuperare motivazioni serie che sostengano la speranza. Ci attendono mesi e
anni impegnativi nei quali dobbiamo giocare una partita decisiva della nostra storia: la
comunità cristiana dovrà provare ad accompagnare gli uomini e le donne del nostro tempo
perché essi possano scoprire orizzonti diversi e veri. Infatti, quegli orizzonti basati sulla
volontà di potenza della nostra età hanno mostrato tutti i loro limiti e i loro esiti angoscianti.
Si tratta di una sfida che non può certamente essere vissuta ricorrendo agli schemi pastorali
già ampiamente usati nel passato ma percorrendo strade nuove, forse più faticose, attraverso
le quali raccontare agli uomini di oggi che il senso della vicenda umana si trova nella morte
e nella risurrezione di Gesù.
Il discernimento comunitario è sempre importante per una efficace presenza ecclesiale, ma
oggi, in questa “terra di mezzo” nella quale siamo posti, diventa veramente decisivo provare
a scrutare insieme i segni dei tempi per cogliere la volontà di Dio e le speranze della nostra
gente.
Nella luce di quanto abbiamo considerato, possiamo concludere che sarebbe sbagliato
operare il percorso sinodale, e l’indispensabile discernimento che richiede, senza guardare
alla storia nella quale siamo posti. Ma quale sguardo sugli eventi può svelarne le possibilità
salvifiche e speranziali? Quale ermeneutica occorre utilizzare?
Una considerazione adeguata della storia pone il problema dell’interpretazione e dei criteri
per leggere la vicenda umana nel tempo. Certamente i criteri e i parametri della lettura della
storia debbono essere economici, politici, sociali, culturali… Ma non vi è dubbio che tali
prospettive, che sono legittime e necessarie, non sono ancora sufficienti a dare una lettura in
termini di significato che, per i credenti in Cristo, ha nel mistero pasquale il suo riferimento
ultimo, il suo supremo orizzonte ermeneutico.
Sulla scorta di quest’ultima considerazione, comprendiamo come uno degli errori
fondamentali che commettiamo, quando consideriamo e valutiamo la storia umana, è quello
di riflettere senza prendere in considerazione il punto di vista decisivo per una lettura
dell’umano che è la Pasqua del Signore e quindi la presenza viva del Risorto in mezzo a noi.
Se non teniamo conto di questa verità che fonda il cristianesimo non si può operare una
lettura credente del nostro tempo e, più ampiamente, della storia umana.
Quanto abbiamo detto è, in fondo, raccontato plasticamente nella vicenda dei discepoli di
Emmaus. In quella vicenda i due viandanti, che avevano abbandonato Gerusalemme in
preda alla delusione e nella tristezza, in un primo momento si limitano ad una lettura
fenomenologica degli eventi che genera il loro profondo disagio interiore; la loro situazione
cambia decisamente quando, aiutati dal loro commensale, riescono a capire gli eventi alla
luce della Parola di Dio e alla luce del Signore Risorto che è loro compagno di strada (Cfr.
Lc 24,13-35).
2) Le indicazioni per il percorso
L’interrogativo fondamentale del sinodo, collocato dentro una corretta ermeneutica del
nostro tempo, pone davanti a noi l’esigenza ineludibile che la comunità si lasci guidare dal
Signore, mentre si impegna a crescere come popolo che cammina insieme cercando sempre
le vie idonee per annunciare e testimoniare nel nostro tempo il Vangelo della grazia. Ma
quali sono i punti fermi che devono guidare il percorso di discernimento sinodale che
sicuramente prenderà corpo in una complessa azione ecclesiale? Quale bussola può
orientare?
Penso che numerose indicazioni possano essere trovate nel magistero ecclesiale, tuttavia
credo che esse siano mirabilmente sintetizzate e attualizzate negli insegnamenti di Papa
Francesco, che contengono indicazioni importanti per le comunità cristiane che si
interrogano su come rispondere alla volontà di Dio nell’oggi. Possiamo dire che tutto
l’insegnamento pontificio di questi anni sia nato da un grande discernimento e contenga una
vigorosa spinta per le Chiese particolari perché esse, con coraggio, si assumano la
responsabilità di individuare e di rispondere all’appello di Dio oggi. Nel quadro variegato
dell’insegnamento di Papa Bergoglio, penso sia opportuno riservare un’attenzione peculiare
ad Evangelii gaudium che offre alcune indicazioni molto efficaci e concrete a partire dalle
quali occorre andare a cercare i segni della volontà di Dio sulle comunità cristiane. Ritengo
utile richiamare almeno tre indicazioni fondamentali, presenti a più riprese in quel
documento, che risultano particolarmente importanti per il cammino sinodale.

  1. Il compito delle Chiese particolari. Alle comunità diocesane spetta il compito di leggere e
    di interpretare nella luce della fede tutte le problematiche che caratterizzano il loro contesto
    umano e geografico (cfr. EG, 16). È decisivo individuare quello che «lo Spirito dice alle
    Chiese» (Ap 2,7) per vivere l’impegno pastorale in sintonia con i desideri di Dio: «Affinché
    questo impulso missionario sia sempre più intenso, generoso e fecondo, esorto anche
    ciascuna Chiesa particolare ad entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione
    e riforma» (EG, 30). Solo in una ricerca veramente ecclesiale della volontà di Dio, nella
    quale siano opportunamente coinvolti i pastori e tutto il popolo di Dio, si è certi di
    procedere con sicurezza sulla strada del Vangelo (cfr. EG, 33). La situazione sociale
    complessa impone ad ogni Chiesa locale la necessità di scrutare i segni dei tempi, per
    trovare soluzioni pastorali adeguate, scegliendo le mozioni autentiche, quelle che vengono
    da Dio (cfr. EG, 51). In tale processo è indispensabile l’apporto dei fedeli, poiché «come
    parte del suo mistero d’amore verso l’umanità, Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto
    della fede – il sensus fidei – che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio» (EG,
    119).
  2. Il discernimento nella luce dell’essenziale. La seconda indicazione, chiaramente visibile
    nel documento pontificio, riguarda il rapporto esistente tra il centro del Vangelo e gli aspetti
    che, nel corso del tempo, si sono talmente radicati nel vissuto ecclesiale sino a diventare
    quasi prevalenti.
    Nella luce della gerarchia che esiste tra le verità, la ricerca della volontà di Dio deve tener
    conto del fatto che tutte le verità rivelate procedono da Dio, ma non tutte hanno la stessa
    rilevanza in quanto solo alcune di esse costituiscono il cuore del Vangelo, che consiste nella
    «bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (EG, 36).
    Esiste una “gerarchia” delle verità (cfr. UR, 11), per la quale non si può attribuire ad esse la
    medesima importanza, dal momento che essa dipende dal rapporto che hanno con il
    Vangelo.
    L’esercizio del discernimento, se tiene conto di questo presupposto teologico decisivo, può
    evitare il rischio di perdere di vista la sostanza del Vangelo per farsi guidare da verità
    periferiche. Per rimanere lontani da questa deviazione è necessario lasciarsi guidare dal
    messaggio del Vangelo e, nella luce di esso, valutare la portata orientativa di tutto il resto
    perché «ogni verità si comprende meglio se la si mette in relazione con l’armoniosa totalità
    del messaggio cristiano, e in questo contesto tutte le verità hanno la loro importanza e si
    illuminano reciprocamente» (EG, 39). A partire da tale consapevolezza, «la Chiesa può
    anche giungere a riconoscere consuetudini proprie non direttamente legate al nucleo del
    Vangelo, alcune molto radicate nel corso della storia, che oggi ormai non sono più
    interpretate allo stesso modo e il cui messaggio non è di solito percepito adeguatamente.
    […] Non abbiamo paura di rivederle» (EG, 43). La riscoperta della normatività
    fondamentale del Vangelo porta inevitabilmente a ricoprire anche il primato della grazia che
    consente di vivere la fede come un’esperienza di libertà e d’amore. Il discernimento è un
    cammino graduale tra le luci e le ombre che caratterizzano ogni epoca; si tratta di un
    itinerario che chiama in causa tutta la realtà umana: l’intelligenza, l’amore e le esperienze
    della vita (cfr. EG, 42).
  3. La prospettiva della missione. La prospettiva di una Chiesa in uscita (cfr. EG, 20-24),
    orienta in senso missionario ogni ricerca della volontà di Dio. Il dinamismo missionario, che
    è costitutivo dell’essenza ecclesiale, contrassegna inevitabilmente ogni ricerca delle
    indicazioni dello Spirito: «Un cuore missionario […] deve crescere nella comprensione del
    Vangelo e nel discernimento dei sentieri dello Spirito, e allora non rinuncia al bene
    possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada» (EG, 45).
    Occorre discernere a partire dallo «sguardo del discepolo missionario» (EG, 50). L’autentico
    discernimento richiede il possesso di una volontà educata nella luce del Vangelo e, proprio
    per questo, capace di dire dei “si” e dei “no”. Si tratta di saper dire dei “si” «alla sfida di una
    spiritualità missionaria» (EG, 78-80), « alle relazioni nuove generate da Gesù Cristo» (EG,
    87-92); si tratta di saper dire, con altrettanta forza, dei “no” a quanto risulta incompatibile
    col Vangelo e con la missione: «no a un’economia dell’esclusione» (EG, 53-54), «no alla
    nuova idolatria del denaro» (EG, 55-56), «no a un denaro che governa invece di servire»
    (EG, 57-58), «no all’inequità che genera violenza» (EG, 59-60), «no all’accidia egoista»
    (EG, 81-83), «no al pessimismo sterile» (EG, 84-86), «no alla mondanità spirituale» (EG,
    93-97), «no alla guerra tra di noi» (EG, 98-101).
    Grazie a queste chiare scelte, di segno positivo e negativo, il discepolo missionario, sorretto
    dalla consapevolezza del primato della grazia, «impara a scoprire Gesù nel volto degli altri,
    nella loro voce, nelle loro richieste» (EG, 91); da questo sguardo “cristologico” può nascere
    «una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo,
    che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme
    aggrappandosi all’amore di Dio» (EG, 92).
    Criterio decisivo per la fedeltà della Chiesa alla volontà di Dio è l’incontro con l’altro: «è
    l’assoluta priorità dell’“uscita da sé verso il fratello” come uno dei due comandamenti
    principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento
    sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio»
    (EG, 179).
    3) Un metodo per discernere
    Ogni percorso ha bisogno di un metodo, anche la pratica dell’itinerario sinodale richiede
    una chiarezza di impostazione che sappia individuare gli obiettivi fondamentali, le tappe e
    gli strumenti. Non ritengo sia questo il luogo nel quale discettare intorno alle questioni
    metodologiche che entrano in gioco quando la comunità si impegna a vivere un Sinodo,
    tuttavia penso di poter dire, semplificando, che il Sinodo è una peculiare forma di
    discernimento comunitario. Tale percorso ecclesiale, che può essere considerato una
    espressione dinamica della comunione ecclesiale, costituisce un importante metodo di
    formazione spirituale che, però, prende corpo in una lettura della storia e di progettazione
    pastorale solo quando comprende al suo interno, in modo equilibrato, i seguenti elementi:
    • docilità allo Spirito e umile ricerca della volontà di Dio;
    • ascolto fedele della Parola;
    • interpretazione dei segni dei tempi alla luce del Vangelo;
    • valorizzazione dei carismi nel dialogo fraterno;
    • creatività spirituale, missionaria, culturale e sociale;
    • obbedienza ai pastori.
    Così inteso, il discernimento comunitario è una vera scuola di vita cristiana, perché
    costituisce un percorso capace di far crescere nell’amore fraterno e di far aumentare
    responsabilità per la storia e per il mondo. Il discernimento è una grande risorsa educativa,
    perché esso è capace di dare una forma più fraterna al vissuto ecclesiale: camminare insieme
    alla ricerca della volontà di Dio, infatti, fa scoprire la comune dignità pur nella diversità dei
    doni e dei carismi di una comunità accogliente e credibile davanti al mondo.
    Nella luce di queste ricadute positive di carattere antropologico e teologico, è opportuno
    ricordare che nel cammino sinodale dobbiamo operare un discernimento comunitario nel
    quale, in vista di individuare le strade di un profondo rinnovamento della Chiesa (obiettivo
    fondamentale), dobbiamo valutare il nostro attuale vissuto nella luce della Parola di Dio, per
    comprendere il nostro presente e per immaginare il nostro futuro. Parlando di
    discernimento, dunque, intendiamo l’azione ecclesiale nella quale si analizza criticamente la
    realtà, nella luce della ragione e della fede, per giungere ad una valutazione e per
    individuare conseguenze operative che prendano corpo in un progetto che possa orientare il
    cammino comunitario.
    Un metodo al quale possiamo fare riferimento è quello che prevede un itinerario che si
    articola nei tre momenti del riconoscere, interpretare e scegliere. Si tratta di una
    impostazione, ampiamente usata nei contesti della progettazione pastorale, che ha
    certamente dei limiti di carattere epistemologico, come ogni metodologia, ma che con le
    dovute accortezze può essere un ottimo strumento per chi intende leggere la realtà del
    vissuto di una comunità al fine di progettare il suo futuro. Nella luce di tale impostazione
    metodologica, noi dovremmo realizzare un cammino sinodale, nel quale occorre:
    · Riconoscere ciò che si vive. Si tratta di osservare con cura e verità quello che avviene
    nella nostra comunità diocesana in tutte le sue articolazioni. Ciò che nel discernimento deve
    essere tenuto in grande considerazione è il tema della sinodalità ecclesiale: occorre
    considerare attentamente il tasso di sinodalità esistente nel vissuto.
    · Interpretare il vissuto, ossia leggerlo in profondità senza dimenticare i problemi che
    sono emersi. La considerazione del vissuto credente deve portarci alla riflessione sui dati
    che emergeranno: essi dovranno essere compresi alla luce della Parola, degli insegnamenti
    della Chiesa, dei segni dei tempi e dell’esperienza umana. Il punto di approdo è quello di
    individuare la volontà di Dio per la Chiesa.
    · Scegliere alcune indicazioni e intuizioni che si aprono davanti a noi come prospettive
    di impegno, come assunzione di una responsabilità concreta e operativa ma anche paziente e
    capace di proiettarsi sui tempi lunghi. La meta del percorso è quella di individuare alcune
    opzioni fondamentali ecclesiali e, nella luce di esse, compiere anche alcune scelte operative
    per la nostra comunità ecclesiale. Le scelte da porre in essere sono strettamente congiunte ai
    primi passi del percorso sinodale: si tratta di mettere a tema alcune scelte che possano
    contribuire ad elevare il livello di sinodalità vissuto e sperimentato concretamente nelle
    nostre comunità.
    Perché questo metodo possa essere applicato correttamente, occorrerà che la fase
    diagnostica, quella valutativa e quella progettuale siano realizzate rispettando gli ambiti
    scelti per la verifica. Quindi tutti i protagonisti del percorso sinodale dovranno tener conto
    di alcune coordinate fondamentali che ci consentiranno di rimanere in un cammino
    comunitario che sia capace di giungere ad avanzare proposte concrete. In vista di tale
    obiettivo, credo sia opportuno esplicitare tali punti fermi del nostro percorso:
    · il cammino sinodale, e tutto il percorso di discernimento che lo sottende, non
    dovranno “uscire fuori traccia”. Per questo motivo ribadisco che la verifica e
    la progettualità non riguarderà tutta la vita della Chiesa ma principalmente la
    sinodalità ecclesiale.
    · Per un buon esito del percorso sarà importante partire bene, perché se il
    vedere, ossia la lettura della realtà del vissuto credente, non fosse realizzato in
    modo opportuno si falserebbe tutto il resto del cammino che, inevitabilmente,
    porterebbe a proposte non in linea con le esigenze del nostro popolo ma
    soprattutto non in sintonia col desidero di Dio. Diventa indispensabile,
    dunque, che lo sguardo di tutti si renda attento alle situazioni reali e
    all’esperienza di chi vive da credenti oggi.
    · Anche il momento dello “scegliere”, ossia quello della progettualità, ha
    bisogno di essere contenuto in alcune opzioni che si incarnino efficacemente
    in atteggiamenti e azioni pastorali. Nella fase del progetto occorrerà operare
    poche scelte ma chiare, rinunciando a produrre agende stracolme di
    indicazioni e di buoni propositi che non si metteranno mai in cantiere, non
    perché non siano validi ma perché vanno al di là delle nostre attuali
    possibilità. Se non si riesce a contenere la progettualità all’interno di alcuni
    obiettivi chiari e concreti si rischia di approfittare della “selva progettuale” per
    ripiegare nel tranquillo mantenimento di ciò che si è sempre fatto.
    · Chi ha un poco di familiarità con la prassi, laboriosa ma esaltante, del
    discernimento pastorale comunitario, sa bene che il passaggio più faticoso è
    quello dello “scegliere”. Quando si arriverà a questo esito decisivo si dovrà
    procedere con particolare cautela perché sarà necessario individuare obiettivi e
    strategie concrete, calate nella concretezza della vita ecclesiale e raggiungibili
    da comunità che spesso sono molto diverse tra loro. In questa fase sarà anche
    importante accogliere con docilità la spinta che Papa Francesco sta cercando
    di imprimere con forza nel vissuto della Chiesa cattolica, una spinta che va
    nella direzione chiara della purificazione e della riforma ecclesiale.
    · Occorre fare il discernimento sinodale provando a rimanere lontani da quelle
    che Papa Francesco definisce le “tentazioni degli operatori pastorali”, che in
    fondo sono anche le tentazioni che inficiano il percorso della ricerca della
    volontà di Dio nelle nostre comunità: l’accidia, il pessimismo, la mondanità
    spirituale e quella logica dello spettatore-teorizzatore che porta ad avere la
    pretesa di dire la parola definitiva su ciò che occorrerebbe fare come maestri di
    pastorale che rimangono sempre all’esterno dei percorsi ecclesiali, senza mai
    sporcarsi veramente le mani.
    · Da ultimo, vorrei ricordare quella che è la verità fondamentale di ogni
    metodo di discernimento: esso è un percorso comunitario e sinodale che deve
    essere vissuto in un contesto orante, nel quale si chiede continuamente la luce
    dello Spirito che guida alla verità. Per questo motivo chiedo a tutti di
    accompagnare il percorso diocesano e di sostenerlo con la preghiera,
    chiedendo al Signore l’audacia di pensare secondo la Sua volontà, portando
    nel cuore un amore vero per la nostra Chiesa e per tutti gli uomini e le donne
    che abitano il nostro territorio.
    Queste attenzioni metodologiche ci consentiranno di leggere il vissuto della Chiesa, così
    come esso è visibile, ad intra e ad extra. La meta decisiva del nostro percorso non è quello
    di un semplice “maquillage” ecclesiale che porti aggiustamenti periferici all’interno della
    strutturazione diocesana o nelle iniziative pastorali o educative abituali, ma di cercare, con
    la migliore libertà di cuore possibile, la volontà di Dio per la Chiesa di oggi. Perché tutto
    questo si realizzi è necessario che lo sguardo si lasci illuminare dalla Parola, perché nella
    luce di questo riferimento sicuro possiamo compiere una lettura e anche delle scelte
    progettuali ispirate al Vangelo. Se questo avverrà, potremo trovare una luce non solo su ciò
    che dobbiamo fare ma soprattutto su quello che siamo e dobbiamo sempre più diventare,
    ossia una comunità in cui si fa memoria della Pasqua, un grembo che genera testimoni della
    gioia del Vangelo.
    4) Gli atteggiamenti giusti
    L’itinerario che intendiamo percorrere, per risultare efficace, dovrà essere avvertito e portato
    avanti come un cammino di Chiesa. Non si può in nessun modo appaltare il discernimento
    ecclesiale solo ad una élite di persone scelte all’interno della compagine ecclesiale. Il
    percorso che dobbiamo compiere, per essere veramente sinodale, deve offrire la possibilità
    al popolo di Dio di esprimere il proprio punto di vista a partire dal suo sensus fidei.
    Per essere espressione di un popolo che cammina insieme, l’itinerario sinodale dovrà essere
    realizzato iniziando da alcuni atteggiamenti che caratterizzano lo stile di una comunità
    credente. Quello che faremo, infatti, non è un esperimento sociale o una esperienza di
    autogestione; non dobbiamo, quindi, mai correre il rischio di pensare al nostro cammino di
    discernimento come un tempo di studio, di aggiornamento, o peggio ancora, come uno
    scambio informale su tematiche ecclesiali. Dobbiamo avere la consapevolezza di realizzare
    una riflessione, condotta nella luce dello Spirito, per operare un prezioso servizio alla
    Chiesa per la sua missione nel mondo. In vista di tale impegno, mi permetto di suggerire
    alcune disposizioni che dovrebbero dare una forma alla postura ecclesiale richiesta per il
    discernimento comunitario che dobbiamo compiere.
    La prima disposizione fondamentale è quella della fede. Tale atteggiamento è decisivo
    perché costituisce l’ambiente vitale di tutto il nostro percorso nel quale osserveremo,
    rifletteremo e opereremo delle scelte a partire dalla fede e in vista della fede. Senza fiducia
    nel Signore e nel suo prezioso aiuto ogni nostro desiderio di cambiamento si risolve in un
    assestamento istituzionale, che è più pericoloso dell’inazione perché esso tacita la coscienza
    delle comunità ingenerando l’illusione di fare qualcosa per essere all’altezza dei tempi.
    La seconda disposizione è quella dell’ascolto. Penso immediatamente all’ascolto della
    Parola senza la quale non è possibile riconoscere pienamente il pensiero di Dio sulle cose;
    per questo in tutti i passaggi occorre che essa dimori abbondantemente nei nostri contesti
    ecclesiali, massimamente nei contesti comunitari chiamati a operare la lettura dei segni
    tempi e ad immaginare percorsi missionari adatti all’oggi. Accanto all’attenzione alla Parola
    di Dio, sarà importante anche l’ascolto interecclesiale: sarà decisiva la capacità di dare
    parola agli altri e di prendere sul serio il punto di vista di tutti, perché senza l’ascolto
    reciproco non ci sarà alcuna sinodalità. Da ultimo, l’ascolto ci chiede anche di porre
    l’orecchio al mondo, all’esperienza viva delle persone del nostro tempo, ai battezzati lontani
    da ogni percorso ecclesiale, ai cercatori di Dio, a coloro che non riescono a vedere nella
    Chiesa una possibilità reale per cercare Dio.
    Una terza disposizione fondamentale è quella dell’umiltà. Tale atteggiamento è
    indispensabile per il servizio ecclesiale e per l’ascolto di Dio e degli altri che ci è chiesto;
    essa è animata dalla consapevolezza di essere piccole creature davanti a Dio e porta ad
    evitare l’orgoglio e il disprezzo del prossimo. L’umiltà, personale e comunitaria, ci servirà
    come il pane nel nostro itinerario perché essa porta alla vera conoscenza di se stessi,
    permettendo di riconoscere le buone qualità che si posseggono, senza montarsi la testa, ma
    anche a riconoscere i propri limiti, senza cadere nel baratro della sfiducia, perché spinge a
    fidarsi della grazia di Dio.
    Una quarta disposizione, indispensabile nell’itinerario che dobbiamo intraprendere, è la
    gratitudine che è la capacità di gioire del bene. Quando rilegge il proprio vissuto, tale
    atteggiamento è decisivo perché permette di riconoscere gli aspetti positivi, come grazia, e
    consente anche di guardare con verità agli aspetti negativi, assumendoli nella prospettiva
    lievitante della speranza che, come un argine, impedisce al discernimento di rimanere
    bloccato sulle carenze e sui limiti, e quindi di produrre quella tristezza che fa perdere la
    capacità di essere riconoscenti.
    L’ultima disposizione consiste in uno stile relazionale fraterno. Solo in una comunità
    caratterizzata da uno stile di persone che si sentono “fratelli tutti” si può attivare o
    rigenerare uno stile sinodale che esige la possibilità di accogliere l’apporto di ognuno come
    un dono prezioso. Un ambiente vitale sinodale richiede alle persone e alle comunità un
    particolare stile relazionale che comporta diverse esigenze, ne segnalo alcune: la
    disponibilità ad ascoltarsi nella reciprocità; la voglia di assumersi la corresponsabilità e di
    superare la passività; la fatica feconda di riflettere e programmare insieme; l’impegno a
    superare lo strisciante clericalismo attraverso un riconoscimento effettivo del sensus fidei
    dei laici nel discernimento pastorale.
    Mi pare che questi atteggiamenti debbano essere presenti nello zaino di tutti coloro che con
    fiducia si incammineranno nel percorso sinodale. Man mano che il percorso sarà avviato,
    penso che sarà opportuno incentivare almeno altri due atteggiamenti: la gioia di innovare
    evangelicamente e la pazienza.
    La gioia di essere protagonisti del cambiamento nella linea del Vangelo è un’esigenza
    permanente per ogni comunità ecclesiale. In linea con la spinta verso la riforma ecclesiale
    voluta da papa Francesco, dobbiamo dare un volto nuovo alla Chiesa, valorizzando il bene
    esistente e provando a lavorare positivamente sui limiti. Questo processo, per nulla agevole,
    non ci chiede di cambiare per il semplice gusto di farlo, ma per una motivazione molto più
    ambiziosa che è quella di dare un volto nuovo al nostro modo di essere e di agire perché
    tutto abbia un’anima evangelica più chiara e quindi più riconoscibile.
    Anche la pazienza va tenuta in conto perché essa è indispensabile nel discernimento
    comunitario ed è altrettanto importante quando occorrerà applicare le nuove strategie, che
    saranno state individuate, al vissuto delle comunità. Senza la pazienza, infatti, non ci si può
    ascoltare e non si ascolta debitamente nemmeno il mondo. In assenza di tale disposizione,
    non si ha la capacità educativa di lavorare nei tempi lunghi, attivando processi complessi
    che sono quelli che incidono profondamente nel vissuto delle comunità.
    Nella luce di queste considerazioni, invito tutti a camminare insieme, sotto la guida dello
    Spirito, e nella convinzione che l’itinerario sinodale possa costituire, per una efficace
    evangelizzazione intraecclesiale, una possibilità di rimetterci in ascolto del Maestro per
    rinnovare profondamente il nostro stile e il nostro volto davanti al mondo. Sono convinto
    che la fatica che compiremo per discernere insieme la volontà di Dio sulla Chiesa, al di là di
    tutti gli altri esiti che ci attendiamo, può offrire un contributo a rendere più consueto e più
    diffusi, nel nostro contesto ecclesiale, una mentalità e uno stile sinodale. Siamo tutti
    consapevoli del fatto che la sola crescita in sinodalità sarebbe già un ottimo risultato, perché
    sarebbe già un cambiamento capace di riconfigurare il volto della nostra Chiesa e di
    rivitalizzare tutte le forze in essa presenti.
    Sono certo che la Madonna di Capocolonna ci accompagnerà in questo itinerario ecclesiale
    con la sua maternità, come ha sempre fatto nei passaggi decisivi della storia della nostra
    comunità, perché le nostre scelte siano sempre in sintonia con il pensiero di Cristo. Allo
    stesso modo, sono convinto che anche San Dionigi e Santa Anastasia intercederanno perché,
    come loro, anche noi siamo pronti ad amare il Signore con totalità e a servire il mondo con
    dedizione piena.
    Mi piace concludere questa lettera con una preghiera alla Vergine Maria per la nostra Chiesa
    e per il cammino impegnativo e stimolante che è chiamata a realizzare. Il testo potrebbe
    essere usato nei i gruppi sinodali.
    Madre del Signore, rispondendo positivamente all’annunzio dell’angelo, tu hai accolto nel
    tuo cuore il Verbo e l’hai concepito nel tuo grembo verginale, divenendo madre del
    Creatore. Ti chiediamo di sostenere il cammino della nostra Chiesa perché sappia
    accogliere con disponibilità totale la Parola di salvezza per divenire un madre che genera
    alla fede, alla speranza e all’amore.
    Madre della Chiesa, rimanendo con fede ai piedi della croce, tu hai accolto il disegno
    d’amore del tuo Figlio, che ha esteso la tua maternità a tutti coloro che sono generati dalla
    sua morte per una vita che non avrà mai fine. Ti chiediamo di accompagnare la nostra
    comunità perché essa sia uno spazio vivo in cui sperimentare l’amore di Cristo e la bellezza
    della vita nuova ed eterna che è dischiusa dalla sua Pasqua.
    Madre orante, unendoti alla preghiera degli Apostoli nell’attesa dello Spirito Santo, tu sei
    diventata l’immagine viva e modello della Chiesa che è una comunità in continuo dialogo
    con Dio. Ti chiediamo di assistere la nostra Diocesi perché diventi sempre più una comunità
    che prega senza stancarsi e che si sente impegnata in una perenne epiclesi, affinché il
    mistero di Pentecoste si rinnovi nel nostro oggi, muovendo e trasfigurando continuamente il
    nostro vissuto.
    Madre obbediente al Padre, nel corso della tua esistenza ti sei messa a disposizione del
    progetto salvifico di Dio che si è compiuto in Gesù. Perché tutto questo si realizzasse hai
    operato un continuo discernimento nel quale hai letto la storia alla luce di quella Parola
    Eterna che nel tuo grembo si è fatta carne. Ti chiediamo di accompagnare il nostro
    discernimento sinodale nel quale, sostenuti dalla tua premura educativa, intendiamo scoprire
    il progetto di Dio sulla nostra gente e sul nostro territorio.
    Madre della speranza, assunta alla gloria del cielo, tu accompagni sempre con materno
    amore la Chiesa e la proteggi nel cammino verso il suo esodo ultimo, fino alla pienezza del
    giorno del Signore. Ti chiediamo di intercedere per noi perché si ridesti nel nostro popolo la
    tensione generata dalla speranza pasquale, affinché attraverso di essa abbiamo il coraggio di
    vivere responsabilmente il nostro presente con lo sguardo ai cieli nuovi e alla terra nuova
    che il Signore prepara per noi.
    Vergine santa, tutta la nostra Chiesa confida nella tua premura e tenerezza materna. Amen.
    Crotone, 02 marzo 2022, Mercoledì delle Cener
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