Presunto mobbing verso i sindacati, ITAMIL – Esercito: “Non tolleriamo più queste condizioni”
“Con la sentenza 120 dell’alta corte costituzionale, i militari hanno ottenuto il diritto di riunirsi in organizzazioni sindacali tra militari. Il ministero della difesa, in attesa che venga legiferata una legge complementare per l’organizzazioni sindacali dei militari, ha emanato un decreto che autorizza la costituzione dei sindacati e ne disciplina le attività, anche se, purtroppo, il cammino è ancora ricco di ostacoli. Ad esempio, in una caserma del Friuli, sono stati avviati dei procedimenti disciplinari a tutti i membri iscritti e candidati alle cariche dirigenziali del Sindacato ITAMIL ESERCITO, ai quali è stata contestata l’inosservanza degli articoli 713, 717, 729 e 748 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90. Dopo l’intervento del Direttivo Nazionale, che ha segnalato la vicenda via pec al 1° Reparto di Stato Maggiore dell’Esercito. I provvedimenti disciplinari sono stati revocati qualche giorno dopo dal Comandante di Reggimento, il quale (e ne siamo a conoscenza) avrebbe poi personalmente chiamato i nostri iscritti, revocando il tutto con il documento Prot. M-D E21025 REG2020 0015488. Tali circostanze hanno comportato le dimissioni di un membro della stessa caserma, quale candidato in qualità di coordinatore. Invece in Lombardia, presso un altro reparto, a pochi giorni dalla candidatura di un nostro membro alla segreteria regionale, è stato contestato, in un primo momento, lo stato di eccesso ponderale (circolare sospesa dal ministero della difesa), con i conseguenti certosini approfondimenti sanitari in coincidenza alle nostre segnalazioni. Il nostro dirigente regionale è stato messo in convalescenza e, pertanto, ad oggi non ha potuto svolgere il suo mandato, rischiando altresì di incorrere nel limite di giorni di convalescenza e di ritrovarsi con patologie non permanenti con lo stipendio ridimensionato. Il tutto con un figlio in arrivo ed un affitto mensile da pagare ugualmente. Siamo a conoscenza che nelle Forze Armate si possono avere patologie permanenti come il “diabete”, essere “zoppo” non per motivi operativi oppure essere fisicamente fuori dagli standard ed al contempo assumere incarichi di alto rango creando presumibilmente disparità di trattamento tra le categorie di vertice e i non dirigenti che si sono ritrovati con enormi danni dal punto di vista professionale ed economico. Come se tutto questo non bastasse, occorre segnalare che in Friuli dopo solo pochi mesi dai fatti sopra narrati, alcuni dei nostri dirigenti assolti dai procedimenti disciplinari improvvisamente e dopo tantissimi lustri nelle forze armate con valutazioni positive, si ritrovano con le note caratteristiche abbassate di cui uno transita da uno stato giudicato con un repentino abbassamento delle nostre caratteristiche ad inferiore alla media. La situazione, dal nostro punto di vista, è inaccettabile. Tali atteggiamenti lascerebbero presumere un atteggiamento velatamente antisindacale, creando sudditanza psicologica nei nostri dirigenti, ai limiti da sfociare in un presunto “mobbing”. Ci aspettiamo una verifica da parte dello Stato Maggiore su queste vicende. Come Sindacato, abbiamo allertato il nostro team legal costituito da 21 studi legali nazionali che studieranno la documentazione in nostro possesso per approfondire se ci sono possibili condizioni di mobbing oppure comportamento antisindacale da parte del comandante o altresì ipotesi di reato. Noi non siamo nelle condizioni di giudicare, ma certamente non intendiamo più sopportare queste condizioni, che forse erano all’ordine del giorno
con la rappresentanza militare. Noi non siamo la rappresentanza militare, siamo un’organizzazione sindacale cosi come riconosciuta dall’articolo 39 della costituzione, dove ogni militare deve obbedire agli articoli sanciti nella costituzione in particolare citiamo l’articolo 52 e 54. Fino ad oggi abbiamo rispettato le regole espresse nel decreto ministeriale e non comprendiamo questa situazione nei riguardi di alcuni nostri dirigenti regionali”.
Alla nota stampa si aggiungono le parole del Segretario Generale Girolamo Foti: “Ci ritroviamo di fronte a un paradosso. Assistiamo alla negazione di un diritto conquistato a fatica con la sentenza 120 oltre al riconoscimento sia del Ministero della difesa che del parlamento. La questione ormai non può restare chiusa dentro le mura del nostro Esercito, e riteniamo che il parlamento e l’opinione pubblica debbano sapere. In particolare un comandante e i suoi collaboratori devono essere a conoscenza delle regole e non possono prima avviare provvedimenti disciplinari per poi ritirarli”.
Prosegue poi il presidente Cav. Sandro Frattalemi : “Quanto da noi scritto è stato segnalato alle autorità preposte. Della vicenda si occuperà in primis lo studio legale Battista Barberio, di Cosenza, e il nostro team legal. Ribadiamo di rispettare i comandanti, ma ovviamente parliamo di fatti realmente accaduti e documentati. Auspichiamo che il vertice militare chiarisca queste situazioni, che si prendano i giusti provvedimenti del caso e che possa nascere un dialogo e non un scontro con la linea di comando. Occorre essere tutti uniti per gli stessi interessi, che tutti abbiamo a cuore oltre che per il bene del personale, delle nostre famiglie e della nostra forza armata”.