Cronaca

REGGIO CALABRIA. OPERAZIONE DEI CARABINIERI CONTRO LA ‘NDRANGHETA: TRE ARRESTI IN CARCERE E UN GREGARIO AGLI ARRESTI DOMICILIARI

Il 13 maggio 2025, il Raggruppamento Operativo Speciale (ROS), coadiuvato dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria e dallo Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori “Calabria”, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Calabria. L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria sotto la direzione del Procuratore della Repubblica f.f., dott. Giuseppe Lombardo, ha interessato quattro indagati ritenuti membri della cosca “Labate”, attiva nel quartiere Gebbione di Reggio Calabria, accusati di associazione di tipo mafioso. Gli arrestati sono: Michele Labate (classe 1956), Francesco Salvatore Labate (classe 1966) e Paolo Labate (classe 1985), tutti destinatari della custodia cautelare in carcere, mentre Antonino Lagana (classe 1971) è stato posto agli arresti domiciliari.

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Le misure cautelari sono il risultato di un’indagine complessa avviata nel 2019 dal ROS, che ha permesso di fare luce sugli assetti della cosca, aggiornandoli rispetto agli sviluppi seguiti all’operazione “Heliantus”. L’inchiesta ha rivelato la persistenza della cosca nel mantenere un controllo significativo sull’economia locale, individuando i vertici nel duo Michele e Francesco Salvatore Labate, in virtù della situazione detentiva dei fratelli maggiori Antonino (classe 1973) e Pietro Labate (classe 1971), considerato il leader carismatico del gruppo.

L’indagine ha messo in evidenza il controllo capillare del territorio da parte di Michele Labate, il quale ha implementato una rete di comunicazioni riservate per minimizzare i rischi di scoperta da parte delle forze dell’ordine, avvalendosi di collaboratori fidati per “schermare” i suoi incontri.

Inoltre, è emersa la pressione esercitata dagli indagati sugli operatori economici locali, soggetti a sistematiche vessazioni finalizzate all’imposizione di prodotti alimentari e al pagamento di estorsioni. In questo contesto, Paolo Labate ha mantenuto, anche durante la reclusione del padre Michele, rapporti con imprenditori legati alla cosca, coordinando l’infiltrazione in settori economici redditizi, come la grande distribuzione alimentare.

Infine, i fratelli Labate si sono avvalsi di collaboratori fidati, tra cui Antonino Lagana, incaricato di trasmettere messaggi, riscuotere proventi estorsivi, attuare ritorsioni e mantenere contatti con la comunità Rom, facilitando il controllo della cosca sulla microcriminalità locale.

Attualmente, il procedimento penale è nella fase delle indagini preliminari, e tutti i soggetti coinvolti devono essere considerati presunti innocenti fino a sentenza definitiva.

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