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Il consigliere regionale Antonio Montuoro, segretario della commissione regionale anti ‘ndrangheta intervenendo alla manifestazione “30° Anniversario dell’omicidio dei coniugi Aversa – Per non dimenticare” stamattina a Lamezia Terme

Ricordare e omaggiare il coraggio e la memoria del sovrintendente Salvatore Aversa, e di sua moglie Lucia Precenzano, non è semplicemente un atto di rispetto nei confronti di quel dolore profondo e inaspettato che ha ferito e segnato per sempre i figli Walter, Paolo e Giulia, la città di Lamezia Terme, e tutta la Calabria. Ricordare e omaggiare il coraggio e la memoria del sovrintendente Aversa, e di sua moglie è un dovere, una necessità: significa tenerli vivi in mezzo a noi, condividere la grande lezione di coerenza e onestà che ci hanno lasciato, per farla conoscere anche a chi non ha vissuto quegli anni, e li sente lontani”. E’ quanto afferma il consigliere regionale Antonio Montuoro, segretario della commissione regionale anti ‘ndrangheta intervenendo alla manifestazione “30° Anniversario dell’omicidio dei coniugi Aversa – Per non dimenticare” organizzata dalle Segreterie Provinciali delle Organizzazioni Sindacali Siulp e Fsp Polizia di Stato, con il patrocinio del Comune di Lamezia Terme, si è tenuta questa mattina presso il teatro comunale Grandinetti.

“Non dobbiamo mai dimenticare che grazie all’impegno e al coraggio di uomini dello Stato come Salvatore Aversa – ma nell’anno di un altro trentennale importante voglio ricordare anche i giudici Falcone Borsellino, uccisi dalla mafia nel maggio e del luglio del 1992 – viviamo oggi in una società più libera da ricatti e prepotenze (sebbene siamo consapevoli che molto altro può e deve essere fatto) e che ha imparato il significato profondo dell’importanza di fare rete contro l’arroganza mafiosa. Ecco cosa significa oggi ricordare il sovrintendente Aversa e sua moglie Lucia – ha detto ancora Montuoro -. Salvatore Aversa era un uomo dello Stato che ha onorato la divisa fino in fondo: ci ha insegnato cosa significa credere davvero, ogni giorno e sul campo, nel valore della legalità, a costo della vita. Ha scelto in maniera consapevole, con rinunce e sacrifici, di lavorare con umiltà e costanza facendo “camminare” quei valori in cui credeva profondamente affrontando a testa alta indifferenza e silenzio, che sono da sempre i migliori alleati delle mafie, pronte ad agire nel buio dell’isolamento. Quella mafiosa, infatti, prima di tutto è una forma mentis da superare, cancellare, con la “controcultura della legalità”.

Le mafie propongono una proposta educativa alternativa a quella dello Stato: addestrano i loro affiliati e le ‘nuove leve’ a seguire un modello che si poggia sul rispetto, sull’onore, fanno passare il messaggio che se stai dalla loro parte sei nel giusto, se sei dall’altra parte della barricata sei il nemico. Descrivono la parabola di uno Stato assente, lontano, indifferente ai reali bisogni della gente. Si incuneano nella quotidianità e si radicano nel territorio con azioni generose e solidali, gettando le basi per la costruzione del loro impero criminale, che non è solo omicidi, estorsioni, violenza: è la cultura. Ecco perché è indispensabile investire nella memoria e nella narrazione: ricordare Salvatore Aversa non è un rito celebrativo, ma un rinnovato impegno a continuare a dire no alla mafia e ad aiutare quanti decidono di liberarsi, in sicurezza, dalla morsa criminale del ricatto estorsivo. E’ riscoprire quei valori di legalità e solidarietà che devono rinsaldare il senso della comunità: è un altro colpo alla cultura mafiosa”.

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